Monte Amiata – Prato della Contessa

Monte Amiata - Prato della Contessa - Seggiovia
Monte Amiata - Prato della Contessa - Vista sul Prato
Monte Amiata - Prato della Contessa - Camposcuola Jolly

Da sempre il Prato della Contessa affascina i suoi frequentatori, non solo per l’aria e la grande suggestione dei boschi di faggi e abeti che lo circondano, ma anche per la leggenda che ha dato origine al suo nome.

Si racconta che un giorno Gherarda degli Aldobrandeschi, contessa di Cana, si sia trovata a passare nella radura situata ad un’altitudine di mt. 1450, a valle tra il sasso di Maremma (vetta dell’Amiata) e il Poggio della Montagnola (seconda vetta dell’Amiata), e che l’abbia scelta come il luogo ideale per incontrarsi con il suo amato Adalberto, feudatario di Chiusi, conosciuto durante un torneo a Buonconvento, del quale si era perdutamente innamorata.

La leggenda narra che i due innamorati si siano incontrati in questo luogo fino a quando Gherarda non sia stata costretta dal padre a sposarsi con Orsino conte di Pitigliano e che il Prato della Contessa debba proprio a questo idillio il suo nome.

L’amore di Gherarda e Adalberto aggiunge un alone di mistero e d’incanto ad un luogo che è una vera e propria isola di pace, immersa nel parco secolare che circonda il Prato, uno tra i più estesi spazi aperti della montagna dove nascono copiosi porcini e numerose specie micologiche e del quale si può godere in ogni stagione dell’anno.

D’inverno infatti il Monte Amiata è una località sciistica molto frequentata e dal Prato della Contessa parte uno degli impianti di risalita del Monte Amiata, le cui piste collegano il versante grossetano a quello senese.

Dalla Primavera all’autunno il Prato della Contessa è il luogo ideale per tante attività, dal semplice prendere il sole, al passeggiare nel bosco, magari alla ricerca di prelibati porcini, fino ad attività un po’ più impegnative, quali il Nordic Walking e il Freerider, molto praticati in tutto il Monte Amiata.

Da Maremmans

Immagini | Hotel Contessa

Santa Fiora – Vista sulla peschiera

Santa Fiora - Vista sulla peschiera

Santa Fiora - Vista sulla peschiera

Santa Fiora è un comune italiano, facente parte dei borghi più belli d’Italia, di 2 545 abitanti della provincia di Grosseto in Toscana.

Il territorio comunale si estende per quasi 63 km² nell’area del Monte Amiata, sviluppandosi tra quote collinari e montuose. Confina a nord con il comune di Castel del Piano, a est con i comuni di Abbadia San Salvatore e Piancastagnaio in provincia di Siena, a sud-est con il comune di Castell’Azzara, a sud con il comune di Semproniano, a sud-ovest con il comune di Roccalbegna e a nord-ovest con il comune di Arcidosso.

Per le elevate qualità turistiche, ambientali e storico-culturali dal 2015 è stata riconosciuta al Comune di Santa Fiora la Bandiera Arancione del Touring Club italiano.

La località è stata l’epicentro di due terremoti: il 17 dicembre 1902 l’evento sismico raggiunse la magnitudo 5,03 della Scala Richter e il VI-VII grado della Scala Mercalli, mentre il 12 febbraio 1905 l’evento fu meno forte, facendo segnare la magnitudo 4.83 della Scala Richter e il VI grado della Scala Mercalli.

Citata per la prima volta in un documento dell’anno 890, Santa Fiora è ricordata come villa con oltre cento poderi nel 1082 e come castello nel 1141, detto di Santa Flore. Dominio storico dei conti Aldobrandeschi, fu sede della contea assegnata nel 1274 a Ildebrandino, figlio di Bonifacio, quando il territorio aldobrandesco fu diviso nei due rami di Santa Fiora e Sovana: l’area della contea di Santa Fiora comprendeva anche i territori di Arcidosso, Castel del Piano, Roccastrada, Castiglione d’Orcia, Semproniano e Selvena. Nel corso del XIII secolo, Santa Fiora divenne uno dei centri più importanti della Toscana meridionale, fulcro della resistenza ghibellina al governo di Siena, arrivando a mettersi in opposizione ad Abbadia San Salvatore, che ormai da secoli dominava l’area del Monte Amiata. La località è citata da Dante nel VI canto del Purgatorio proprio per la sua appartenenza ghibellina («e vedrai Santafior com’è oscura»). Nel corso del XIV secolo, la città iniziò a cadere sotto l’influsso di Siena, perdendo i castelli di Arcidosso e Castel del Piano, conquistati da Guidoriccio da Fogliano nel 1331, e finendo occupata dai senesi negli anni tra il 1380 e il 1384, anni in cui si assisté alla distruzione dei palazzi comitali ed alla costruzione di una nuova rocca. Alla fine del XIV secolo la contea, fortemente indebolita, rimaneva in possesso solo dei castelli di Santa Fiora, Castell’Azzara e Scansano.

Con la fine degli Aldobrandeschi, alla metà del XV secolo il territorio della contea passò alla famiglia Sforza in virtù del matrimonio tra Cecilia Aldobrandeschi, figlia dell’ultimo conte della casata, Guido, e Bosio Sforza, nato a Montegiovi da Muzio Sforza e Antonia Salimbeni. Il figlio di Bosio, Guido Sforza, governò la contea tentando di riportare Santa Fiora agli antichi fasti: arricchì la città con opere d’arte, come le terracotte di Andrea della Robbia della pieve delle Sante Flora e Lucilla; fece costruire palazzi nobiliari e opere pubbliche come la Peschiera; ospitò più volte papa Pio II Piccolomini legando rapporti con il papato (sposò anche la nipote di Alessandro Farnese, futuro Paolo III); difese Santa Fiora dal tentativo di invasione delle truppe del duca Valentino Borgia; entrò inoltre nella leggenda e nel folclore locale per aver ucciso un “drago” che infestava quei territori, il cui teschio è conservato nel convento della Selva.

Nel corso degli anni gli Sforza, dal XVII secolo uniti con i Cesarini, interessati più ai legami con Roma che all’antica capitale della contea, lasciarono Santa Fiora nelle mani di alcuni vicari, tra i quali sono da ricordare soprattutto i Luciani. Infine, nel 1624, la contea fu annessa al Granducato di Toscana. Santa Fiora conobbe una certa ripresa economica tra il XIX e il XX secolo, quando si affermò importante centro minerario per l’escavazione del cinabro, venendo raggiunta da numerosi lavoratori da ogni parte della Toscana.

Santa Fiora. (27 marzo 2020). Wikipedia, L’enciclopedia libera. Tratto il 9 aprile 2020, 10:50 da it.wikipedia.org

Immagine | Museo delle Miniere di Mercurio