Passo del Forno

Passo del Forno
Passo del Forno

Il passo del Forno (romancio Pass dal Fuorn o Süsom Give, tedesco Ofenpass, in francese Col de l’Ofen) è un passo alpino che collega le valli grigionesi dell’Engadina e la val Monastero e quindi anche la val Venosta (Alto Adige) e la Valtellina (Lombardia). Dal punto di vista orografico il passo si trova nelle Alpi della Val Müstair (sottosezione delle Alpi Retiche occidentali).

Descrizione
Nel 1871 venne aperta la strada (attuale strada principale 28), nel 1922 incominciò il servizio per tre mesi l’anno di un trasporto tra Zernez e Santa Maria Val Müstair che nel 1927 venne esteso a sei mesi e dal 1934 a tutto l’anno. Si progettò di costruire nel 1909 una ferrovia a scartamento ridotto tra Zernez e Malles Venosta che passasse dal passo del Forno ma il progettò non andò in porto a causa della prima guerra mondiale e di difficoltà finanziarie.

Curiosità
Nel passo è stato fotografato l’orso bruno (Ursus arctos) nel luglio 2005 che non era stato visto in Svizzera dal 1923.

Passo del Forno. (22 agosto 2021). Wikipedia, L’enciclopedia libera. Tratto il 8 ottobre 2021, 13:21 da it.wikipedia.org

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Passo Gavia

Passo Gavia
Passo Gavia
Passo Gavia - Monte Confinale
Passo Gavia – Monte Confinale

Il passo Gavia (2.618 m s.l.m.) è un valico alpino delle Alpi Retiche meridionali, posto ai margini sud-occidentali delle Alpi dell’Ortles (Gruppo Sobretta-Gavia), che mette in comunicazione la Val di Gavia (tributaria della Valfurva – Valtellina) e l’alta Valle Camonica, segnando il confine amministrativo fra le province di Sondrio e Brescia.

Già noto in epoca medievale, il valico faceva parte delle perigliose rotte commerciali alpine della Repubblica di Venezia e metteva in comunicazione con Germania, Tirolo, Austria attraverso la via Imperiale di Alemagna. Un tempo il tragitto era percorso in qualsiasi stagione, tra mille pericoli e rischi, come i repentini cambiamenti meteorologici, la nebbia fitta, le bufere di neve e le slavine, al punto da essere soprannominato “Passo della Testa del Morto”.

Il sentiero medievale che attraversava il passo fu oggetto di notevoli lavori di ampliamento e ristrutturazione in occasione del primo conflitto mondiale, durante il quale, vista la vicinanza della linea di fronte, la strada divenne di fondamentale importanza strategica. Il percorso restava in ogni caso sterrato, stretto e di notevole pericolosità. Dalla seconda metà del ‘900 sono state effettuate notevoli migliorie, tra cui la realizzazione di una galleria per evitare il tratto più pericoloso e la completa asfaltatura del tracciato.

A lato della strada, in prossimità delle sponde del Lago Bianco è visibile un crocifisso ligneo. Si tratta di un ex voto del 1929 e ricorda una madre e il figlio che, in viaggio in auto da Santa Caterina verso Ponte di Legno, furono investiti in questa zona da una improvvisa fittissima nebbia. Miracolosamente sopravvissuti fecero poi porre il crocifisso a ricordo.

Il mattino del 20 luglio 1954, un veicolo militare Fiat 639, con a bordo ventuno alpini di età compresa tra i 21 ed i 23 anni, cadde in una scarpata a seguito del cedimento del fondo della strada sul versante bresciano; lo schianto che seguì al volo di circa 150 metri causò diciassette morti. Dei due feriti più gravi, uno morì il giorno successivo per le ferite, portando così a diciotto il totale delle vittime.

All’epoca il tracciato, privo di parapetti e protezioni, era considerato molto rischioso e la sua percorrenza era sconsigliata agli autocarri; vigeva inoltre un divieto di transito, non rispettato, per i veicoli con più di 14 passeggeri. Nel punto dell’incidente la larghezza totale della carreggiata era di 2,30 m.

I corpi straziati degli alpini, appartenenti al 6º Reggimento, battaglione Bolzano, furono trasferiti nella chiesetta di Ponte di Legno per le esequie.

A ricordo della tragedia furono collocate due lapidi commemorative, tuttora esistenti. In loro memoria è inoltre stata eretta la croce di vetta della Becca di Nana, in Valle d’Aosta.

Dominato a nord dal Monte Gavia, è raggiungibile in automobile tramite la strada statale 300 del Passo di Gavia, un tracciato di alta quota ad elevato contenuto panoramico che da Bormio, passando per Santa Caterina di Valfurva (in Alta Valtellina), conduce a Ponte di Legno.

Durante l’anno il traffico veicolare è piuttosto scarso, per effetto del percorso tortuoso, della carreggiata particolarmente stretta, delle elevate pendenze e degli scarsi parapetti e protezioni, mentre in inverno, per via dell’elevata altitudine raggiunta, la strada è soggetta a chiusura per neve già in autunno fino a primavera inoltrata; d’estate essa è invece frequente meta di cicloamatori e motociclisti provenienti da tutta Europa.

Due chilometri prima del passo vi è il rifugio Arnaldo Berni, intitolato all’omonimo capitano morto durante la prima guerra mondiale sul ghiacciaio del Dosegù intrappolato in una galleria di ghiaccio sotto la Punta S.Matteo.

A circa 300 metri di distanza dal Passo esiste, unico in Italia, un lembo di tundra artica, relitto dell’ultima glaciazione (Glaciazione Würm), che, disteso su piccoli dossi morenici, copre una superficie di circa quattrocento metri quadrati. Su suoli poligonali esso accoglie specie tipiche come: Polytrichum sexangularis, Salix herbacea, Carex curvula, Loiseleuria procumbens o Ranunculus glacialis. Si tratta quindi di una zona ad alto valore naturalistico, nonché ad altrettanto elevata vulnerabilità.

Il Rifugio Berni sorge a quota 2541 m, sul versante valtellinese del valico. È dedicato al capitano Arnaldo Berni, caduto durante la Prima Guerra Mondiale, così come un monumento accanto alla chiesetta alpina. Prima di questo edificio esisteva un altro rifugio sul versante opposto, che era stato costruito con la funzione di ricovero militare.

La salita del Gavia è classificabile come salita alpina lunga, dall’importante dislivello, dall’elevata quota altimetrica raggiunta e con pendenze medio-alte dal versante di Ponte di Legno, completamente asfaltato solo dagli anni novanta. Più lungo, ma con pendenze meno aspre, è il versante valtellinese. Oggi, insieme ai vicini Passo dello Stelvio e Passo del Mortirolo, rappresenta una delle mete alpine più ambite dai cicloamatori.

Passo di Gavia. (31 luglio 2021). Wikipedia, L’enciclopedia libera. Tratto il 5 ottobre 2021, 13:19 da it.wikipedia.org

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Rifugio Barba-Ferrero sul Monte Rosa

Rifugio Barba-Ferrero
Rifugio Barba-Ferrero

Il Rifugio Barba-Ferrero a 2247 m è uno dei rifugi situati all’interno del Parco Naturale dell’alta Valsesia, più precisamente sotto la Parete Valsesiana del Monte Rosa, di cui offre un ottimo punto di osservazione.

Accesso
Sono presenti 3 itinerari per raggiungerlo; due di questi sono larghi e comodi sentieri escursionistici, il terzo è più ripido e meno frequentato. Dal rifugio si possono effettuare moltissime ascensioni, e anche raggiungere 2 bivacchi a notevole altitudine: la Capanna Guglielmina e la Capanna Resegotti Inoltre attraverso il Passo del Turlo si può scendere a Macugnaga.

Il panorama oltre che sul Rosa è vasto sulla valle sottostante si vedono chiaramente Monte Tagliaferro, Corno Bianco, Punta Grober, Cima Carnera e molte altre vette.

Rifugio Barba-Ferrero. (15 luglio 2021). Wikipedia, L’enciclopedia libera. Tratto il 3 settembre 2021, 08:02 da it.wikipedia.orgLa parete valsesiana del Monte Rosa è in un insieme di pareti più o meno omogenee, generalmente esposte a sud-est e dall’aspetto abbastanza articolato, che costituiscono, assieme alla parete est del Monte Rosa il versante piemontese del gruppo, contrapposto a quello sud-occidentale valdostano e a quello nord svizzero. Possiede un’immagine di grande imponenza soprattutto se ammirata dalla testata della Valsesia, nei pressi del rifugio Pastore 1575 m.

Se si prende come punto più basso la fine del crestone che scende dalla punta Parrot, a 2786 metri, il suo sviluppo in altezza misura 1.773 metri, quello in larghezza supera i 4 chilometri e mezzo e comprende un vasto semicerchio di cime di cui le più importanti sono:

La prima via sulla parete avvenne ad opera di Adolphus Warburton Moore (lo stesso che aprì nel 1865 la via dello sperone Moore alla Brenva sul Monte Bianco), con H.B.George, C.Almer e M.Zumtaugwald l’11 luglio 1862, lungo la cresta est della Punta Parrot, itinerario detto via degli inglesi. Essi però non raggiunsero la vetta ma sbucarono nelle vicinanze del colle Sesia.

Nel 1867 viene scalata la inviolata Punta Tre Amici di 3727 metri, da Giuseppe Farinetti, Antonio Grober e Giovanni Prato. Durante la discesa Giuseppe Farinetti cade in un crepaccio, ma viene tratto in salvo dai suoi compagni. In seguito all’episodio il nome scelto per la punta fu: Punta Tre Amici.

Nel 1876 il senatore Costantino Perazzi prende parte alla prima ascensione della parete est della Punta Parrot. Il senatore è coinvolto in una caduta quasi mortale e viene salvato da Giovanni Guglielmina, che per questo gesto riceverà la medaglia d’oro al valor civile da Quintino Sella, l’allora ministro delle finanze del Regno d’Italia.

Nel 1896 e nel 1898 tre grandi imprese dei fratelli Gugliermina che su questo versante aprono alcune tra le loro vie più celebri; la prima, con Mattias Zubriggen e Lanti al colle Vincent per il versante est (D). Quindi, nel 1898 la salita nel cuore della parete valsesiana al colle che i fratelli vollero dedicare alla loro celebre guida (il colle Zubriggen m.4272, difficoltà D; salita molto pericolosa per il pericolo continuo di caduta sassi). Infine, il 16-17 agosto 1898, Giuseppe Battista Gugliermina, fratello minore di Giuseppe Francesco, sale assieme a Natale Schiavi e a Nicola Motta, il Colle Sesia, bivaccando prima in cima alle Rocce Sesia e rimontando poi le rocce dello sperone che fiancheggia il maestoso canale (D).

Il 18 luglio 1906 Giuseppe Gugliermina, Ettore Canzio e Giuseppe Lampugnani aprono una nuova via sul crestone sud-est della Punta Parrot, itinerario che viene chiamato la via degli italiani. Sempre nel 1906, il 31 agosto, Guglielmo Guglielminetti, Alessandro Orio, Fabio De Zinis e Giuseppe Chiara aprono la prima via sulla parete sud-est della Punta Gnifetti.

Il 24 agosto 1926 Giuseppe Chiara con Luisa e Maria Antonietta Resegotti salgono per la prima volta la parete est della Punta Giordani. L’itinerario è complesso e attraversa più volte il canalone centrale della parete, sottoposto spesso alle scariche di pietre.

Il 14 luglio 1940 il tenente Renato Willien e i soldati Damiano Arnod e Pierino Brunodet aprono una seconda via sulla parete est della Punta Giordani, detta via degli Alpini. L’itinerario è più diretto rispetto alla via Chiara-Resegotti ma è molto pericoloso per la continua caduta di pietre. Della via si conosce una sola ripetizione nel 1982, 42 anni dopo l’apertura, ad opera di Nadir Crestani and Alfio Rinaldo.

Sempre nel 1940 vengono aperte altre due nuove vie sulla parete sud della Punta Parrot, facente anch’essa parte della parete valsesiana del Monte Rosa. La prima viene salita il 14 agosto da Giulio della Giulia, Francesco Barchietto, Carlo Giossani e Giovanni Antonioli. La seconda, denominata via degli Alpini è aperta il 5 settembre dal tenente Arnaldo Adami e dai caporali Ferdinando Gaspard e Abele Passion.

Parete valsesiana del Monte Rosa. (20 luglio 2021). Wikipedia, L’enciclopedia libera. Tratto il 3 settembre 2021, 08:06 da it.wikipedia.org

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