Monte Cusna

Monte Cusna
Monte Cusna

Il monte Cusna, coi suoi 2121 metri d’altezza, è la maggiore cima dell’Appennino reggiano e la seconda dell’intero Appennino Settentrionale dopo il Monte Cimone. Si estende sui territori dei comuni di Villa Minozzo e Ventasso in provincia di Reggio Emilia, a circa 3 km dal confine con la regione Toscana.

L’imponente catena montuosa, ben visibile dalla pianura Padana, è formata dal monte Cusna e dalle anticime Sasso del Morto (2078 m) e monte La Piella (2071 m). Il crinale della montagna forma il caratteristico profilo che ricorda quello di un uomo disteso, detto Uomo Morto o Gigante. Da quest’ultimo toponimo prende il nome l’area protetta dell’ex Parco del Gigante, ora parte del Parco nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano. Il monte si trova più a nord rispetto al crinale appenninico principale tra Emilia e Toscana, separato dalla valle del torrente Ozola.

L’Abetina Reale è una foresta di conifere che si sviluppa sul versante est del Cusna, sul versante destro della Alte Valle del Dolo, e si estende fino al crinale appenninico. La foresta è caratterizzata da antichi esemplari di abete bianco sopravvissuti a secoli di sfruttamento boschivo.

Raggiungibili ad esempio da Ligonchio e percorrendo, con una bella escursione, il sentiero 625 che parte dalla località Casalino. Circondati da faggeti, i Prati di Sara sono una brughiera d’altura che si estende sul fianco ovest della montagna, particolarmente suggestiva durante la fioritura e in autunno. Il nome deriva da un personaggio tra storia e leggenda, una governante, si dice concubina di uno dei marchesi Bernardi di Piolo, che possedettero Casalino dalla metà del XVII secolo alla fine del Settecento.

Il rio Lavacchiello nasce in prossimità del lago del Caricatore ai Prati di Sara e scende lungo il versante ovest della montagna verso la valle del torrente Ozola di cui è affluente. Il ripido versante dà luogo ad una serie di cascate, spettacolari soprattutto allo scioglimento delle nevi e in autunno.

Sul fianco sud-ovest della montagna si trova la Costa delle Veline, un ampio bosco di faggio, tra i più importanti del Parco nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano, che conserva alberi secolari.

Sul versante nord, la stazione turistica di Febbio è attrezzata per la pratica dello sci alpino, snowboard e sci di fondo.

Monte Cusna. (5 gennaio 2021). Wikipedia, L’enciclopedia libera. Tratto il 26 ottobre 2021, 09:38 da it.wikipedia.org

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Pietra di Bismantova

Pietra di Bismantova
Pietra di Bismantova

La Pietra di Bismantova è una montagna caratteristica dell’Appennino reggiano, alta 1041 metri.

Situata nel comune di Castelnovo ne’ Monti, paese che sorge alle sue falde, in provincia di Reggio Emilia, si presenta come uno stretto altopiano dalle pareti scoscese, che si staglia isolato tra le montagne appenniniche. La zona è classificata come sito di interesse comunitario (codice IT4030008) della rete Natura 2000, ed è in parte compresa nel territorio del Parco nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano.

Sulle origini del toponimo Bismantova sono state avanzate diverse ipotesi.

L’etimologia potrebbe essere collegata al ruolo di montagna sacra che la Pietra avrebbe avuto nell’antichità. Un’ipotesi si rifà all’etrusco man (pietra scolpita) e tae (altare per sacrifici). Altri propongono un’origine celtica, da vis (vischio), men (luna) e tua, che rimanderebbe alla raccolta notturna di vischio tra i querceti della zona, espressione di un antico culto lunare. Vismentua sarebbe variata prima in Bismentua e poi Bismantua.

Nel V secolo d.C. i Bizantini edificarono sulla montagna una struttura militare, nota come Kastròn Bismanto o Castrum Bismantum. Il castello Bismantum è menzionato in un diario di viaggio del 628. In un documento del 1062 è citata per la prima volta la Petra de Bismanto. La prima menzione scritta di Bismantova compare nella Divina Commedia di Dante Alighieri (Purgatorio, IV, 26).

La formazione geologica che costituisce e che rende peculiare la Pietra di Bismantova è nota col nome di Formazione di Bismantova; essa possiede una potenza di circa 100 metri ed è composta da un basamento di marne su cui poggia un livello di calcarenite, depositatesi in ambiente marino di piattaforma continentale interna nel Miocene inferiore e medio, fra il Burdigaliano superiore e il Langhiano inferiore. Vi sono contenuti resti fossilizzati come gusci di molluschi, echinoidi, briozoi, foraminiferi bentonici e alghe coralline, in particolare specie tipiche di acque temperato-calde.

Dopo l’emersione della catena appenninica, la successiva fessurazione e frammentazione della formazione arenacea, seguita da erosione, hanno lasciato intatta la porzione di lastra visibile attualmente, lunga 1 km, larga 240 metri e alta 300 metri rispetto alla pianura circostante. La sommità della Pietra raggiunge i 1041 metri sul livello del mare.

Molti dei massi che si trovano attorno alla Pietra di Bismantova si sarebbero staccati in epoca recente, attorno al XVII secolo, durante la piccola era glaciale.

La sommità pianeggiante della roccia è coperta da una vegetazione di arbusti, in particolare il nocciolo, mentre ai piedi del massiccio si trovano campi, siepi e boschi di querce. Nella zona sono presenti inoltre arbusti come il ginepro comune, il sorbo montano e il maggiociondolo. Alberi ad alto fusto prevalenti sono la roverella, il cerro, il leccio ed il tiglio. Notevole è la fioritura di orchidee, tra cui l’orchidea pallida e la concordia.

Negli ultimi decenni il progressivo abbandono dell’agricoltura montana e della silvicoltura ha causato un’espansione incontrollata della vegetazione, che ha nascosto sentieri e porzioni di roccia. Da alcuni anni sono in corso interventi di sfalcio dei prati e diradamento selettivo dei boschi, per ripristinare i percorsi escursionistici e rendere nuovamente visibile la roccia nuda.

L’altopiano e l’area circostante sono popolati da animali selvatici. Tra le specie di interesse comunitario per la rete Natura 2000, si segnalano il succiacapre, la tottavilla, l’averla piccola, il picchio muraiolo e il cervo volante. Manca tuttavia un censimento completo della fauna locale, che copra anche mammiferi, anfibi e rettili.

La prima ascesa alpinistica è attribuita a Carlo Voltolini, che scalò in solitaria la Pietra di Bismantova nel 1922. Il tracciato della sua salita, che arriva al terzo grado superiore, prese il nome di “Via degli Svizzeri”, dall’appellativo dato dai locali a Voltolini, che in realtà era trentino, e all’amico svizzero che lo aveva accompagnato ai piedi del monte. Nel 1940 Nino Oppio scalò la parete sud-est, aprendo la “Via Oppio” a lui intitolata. Lo stesso anno Armando Corradini e Olinto Pincelli salirono il diedro dal piazzale dell’Eremo, con difficoltà di sesto grado. Negli anni seguenti Pincelli aprì numerosi percorsi di arrampicata.

Una nuova fase si aprì negli anni 1960. La prima arrampicata artificiale sulla Pietra di Bismantova avvenne nel 1960, ad opera di Luigi Zuffa e Benito Modoni, da cui la “Via Zuffa-Modoni”. Nel frattempo la pratica dell’alpinismo si andava diffondendo in Emilia-Romagna, e la Pietra diventò una delle palestre di roccia più popolari della regione.

Tra la fine degli anni 1960 e la metà degli anni 1970 vennero aperte molte nuove vie: la “G.A.B.” dedicata al Gruppi Amici di Bismantova nel 1968, la “Donato Zeni” e la “Via dei Lumaconi” nel 1969, la “Via Nino Marchi” nel 1971, la “Via Doretta” e la “Via Paola” nel 1972, la “Via CAI Parma” nel 1973 e la “Via del Centenario” nel 1975. A partire dalla metà degli anni 1970 cominciò ad affermarsi l’arrampicata libera su alti gradi di difficoltà, lungo i tracciati aperti in precedenza in artificiale. Il settimo grado fu raggiunto da Emilio Levati nell’ultimo tiro di corda della “Via del Centenario”.]

A metà degli anni 1980 prese piede l’arrampicata sportiva. Vennero introdotte alcune innovazioni tecniche, come lo spit e il monotiro, e aperte nuove vie, mentre i vecchi tracciati furono progressivamente richiodati. Non mancarono le polemiche: ci furono proteste contro gli appigli scavati nella roccia per agevolare l’arrampicata libera, e contro le nuove chiodature che impedivano di fatto l’arrampicata in artificiale su alcune vie.

Alla fine degli anni 2000 l’arrampicata sportiva è ancora la pratica prevalente, ma si nota una ripresa dell’arrampicata in artificiale.

Dal 1971 è inoltre presente una via ferrata, la via ferrata alla Pietra di Bismantova, detta anche Via ferrata degli Alpini. A questa si è aggiunta, nel 2017, una seconda ferrata denominata Via ferrata Ovest o dell’Ultimo Sole di difficoltà inferiore all’altra.

Pietra di Bismantova. (29 giugno 2021). Wikipedia, L’enciclopedia libera. Tratto il 25 ottobre 2021, 07:48 da it.wikipedia.org

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Prato Spilla

Prato Spilla
Prato Spilla
Prato Spilla - Partenza Impianti
Prato Spilla – Partenza Impianti
Prato Spilla
Prato Spilla

Prato Spilla è una stazione sciistica e turistica dell’Appennino parmense, nel comune di Monchio delle Corti.

Posta a quota di 1.350 m s.l.m., nei pressi del passo del Lagastrello, è dotata di tre impianti di risalita: una seggiovia che porta fino alla quota di 1.700 metri, uno skilift e un marciapiede mobile per principianti. La seggiovia è aperta anche nel periodo estivo, normalmente nelle domeniche da giugno ad agosto. È punto di partenza per escursioni e trekking nel Parco dei Cento Laghi, in particolare verso il lago Verde, il lago Ballano, il lago Palo e il lago Squincio.

Prato Spilla. (21 maggio 2021). Wikipedia, L’enciclopedia libera. Tratto il 22 ottobre 2021, 09:47 da it.wikipedia.org

Monchio delle Corti (Monc’ in dialetto parmigiano) è un comune italiano di 848 abitanti della provincia di Parma in Emilia-Romagna, facente parte del Parco dei Cento Laghi.

Il capoluogo è situato a 820 m s.l.m. in una vasta conca della Val Cedra. Già prima dell’anno 1000 era ricordato come capoluogo delle tredici Corti (approssimativamente coincidenti con le attuali frazioni del Comune) dipendenti direttamente dal Vescovo di Parma.

Il toponimo Monchio è l’italianizzazione del dialettale Monc’, probabilmente da un tardo latino mont(u)lus da mons, “monte”.

Il comune comprende, sul crinale appenninico che segna il confine con la Toscana, alcune tra le vette più alte dell’Appennino parmense, tra cui la montagna più alta di tutta la provincia, il monte Sillara (m 1.861).

Vista l’altitudine media del territorio, l’agricoltura si basa prevalentemente sulla produzione di foraggio per il settore zootecnico che comprende allevamenti di bovini, suini e ovini. Il settore secondario è scarsamente sviluppato e comprende solo modeste aziende nel settore alimentare ed edile. Il settore terziario copre il fabbisogno della popolazione locale, è comunque presente il servizio bancario. Sul territorio sono presenti strutture ricettive sia per la ristorazione che per il soggiorno.

Il territorio possiede una vocazione turistica sia perché meta di escursionisti che visitano il Parco regionale delle Valli del Cedra e del Parma, sia per la presenza sul territorio comunale della stazione sciistica di Prato Spilla posta a 1350 m s.l.m dotata di tre impianti di risalita.

Monchio delle Corti è attraversato dalla Strada statale 665 Massese grazie alla quale è collegato con la val Parma da un lato e con Aulla in Lunigiana mediante il passo del Lagastrello dall’altro. La strada provinciale 75 collega invece Monchio a Corniglio e alla alta val Parma mediante il passo del Ticchiano. Monchio delle Corti è servito dal servizio di trasporto pubblico che lo collega a Langhirano e quindi a Parma.

Nel comprensorio sciistico di Prato Spilla è presente anche una seggiovia detta Rio Spilla che collega il locale rifugio punto di arrivo delle piste con un belvedere a quota 1700 m s.l.m.

Monchio delle Corti. (5 ottobre 2021). Wikipedia, L’enciclopedia libera. Tratto il 3 dicembre 2021, 08:55 da it.wikipedia.org

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